Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Riprendo in parte il comunicato diffuso in data odierna dai Carabinieri NOE di Trento con cui si è reso noto che il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Trento ha disposto il sequestro preventivo della discarica di rifiuti non pericolosi di Castel Ivano (Villa Agnedo) situata alla confluenza del fiume Brenta e dei torrenti Maso e Chieppena. Il provvedimento è stato emesso a seguito della richiesta dei pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Trento, che hanno coordinato un’indagine volta a contrastare attività continuative ed organizzate nell’ambito dei fenomeni di criminalità ambientale e scaturisce da una serie di verifiche effettuate su alcuni conferimenti di rifiuti contenenti policlorobifenili (PCB), provenienti dalla bonifica del Parco Parenzo Sud-Ovest di Brescia. Le attività investigative condotte dal NOE con il supporto del Dirigente Generale dell’ APPA hanno documentato come il sito avviato nel 1993 quale discarica per rifiuti non pericolosi, aveva terminato l’attività di smaltimento nel 2005, con esaurimento della capacità ricettiva e collocazione in fase post-operativa, sulla base della quale nessun altro conferimento di rifiuti era possibile. Con provvedimenti successivi accertati essere illegittimi, attuati da due dipendenti dell’APPA, era stato autorizzato il conferimento di nuovi rifiuti per la realizzazione della copertura e quindi per la riapertura della discarica, consentendo di prolungare a tempo indefinito i termini per la chiusura del sito e recuperare ulteriori 130.000 mc di rifiuti. La quantità di rifiuti conferiti è risultata di rilevante valore economico oltre ad essere, all’atto delle verifiche, di gran lunga più contaminata rispetto ai limiti previsti per la destinazione urbanistica del sito. Oltre ai volumi di rifiuti conferibili, l’illegittimo iter autorizzatorio ha permesso di eludere le concentrazioni dei materiali inquinanti, consentendo alla società che gestisce la discarica di conseguire un illecito guadagno economico. Non solo, arrecando un evidente pericolo di inquinamento al territorio circostante. L’articolo 182 (smaltimento dei rifiuti) del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 al comma 3 recita “E’ vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali…). In questo caso lo smaltimento dei rifiuti provenienti da fuori provincia non era stato autorizzato e per di più trattasi di rifiuti pericolosi. A questo punto sono stati apposti i sigilli alla discarica perché sussiste un concreto pericolo di inquinamento ambientale. Le ipotesi di reato riguardano le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e per aver intrapreso degli interventi in area a tutela ambientale. Tutto ciò è avvenuto in assenza di controlli da parte degli enti provinciali preposti e senza la supervisione del decisore politico. Come è potuto accadere? Tutto ciò premesso interrogo il Presidente della Provincia di Trento per sapere: 1) se corrisponde al vero che due funzionari provinciali avrebbero autorizzato la riapertura della discarica, essendo consapevoli che l'atto era in contrasto con le norme; 2) se i due funzionari abbiano agito per eseguire "ordini superiori" o se abbiano agito di propria iniziativa: 3) se la Provincia abbia assunto iniziative autonome rispetto a quelle già in corso ad opera della magistratura, sotto il profilo penale, per accertare eventuali responsabilità di carattere amministrativo e contabile.
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LUCIA COPPOLA |
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